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Cistite recidivante: tutte le cure necessarie per guarire - Alessandra Graziottin

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Cistite recidivante: tutte le cure necessarie per guarire

30/05/2014
Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, da circa un anno mia moglie soffre di cistiti ricorrenti, sempre dovute al batterio Escherichia coli. Ha provato diverse terapie a base di antibiotici, che però sono servite a poco. E’ molto scoraggiata, perché questo problema sta condizionando tutta la sua vita, lavorativa e personale. Sappiamo che Lei è molto competente in questo campo: che cosa possiamo fare? Grazie in anticipo e buon lavoro”.
Raffaele F. (Roma) Gentile signor Raffaele, il problema che mi pone è frequente e complesso. La cura con antibiotici, tuttora considerata di prima scelta dalle linee guida internazionali, va bene solo se l’infezione è acuta: per liberarsi della tendenza alle recidive, bisogna invece lavorare sui fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento del disturbo. Solo così è possibile debellarlo in modo risolutivo.

I fattori predisponenti: disturbi intestinali

In primo luogo, vanno diagnosticati e curati i problemi intestinali: stitichezza e sindrome dell’intestino irritabile, ma anche le intolleranze alimentari (specialmente al glutine e/o al lattosio), peggiorano la vulnerabilità alle cistiti, perché determinano uno stato infiammatorio cronico a carico della parete intestinale che ne lede la permeabilità selettiva. In questo modo i germi intestinali – fra cui l’Escherichia Coli, che causa l’80-85% delle cistiti – attraversano le cellule intestinali (con un meccanismo che si chiama “traslocazione batterica”), arrivano nel sangue e da lì passano alla vescica, formando un biofilm patogeno e infettandola: di fronte a un meccanismo di questo tipo, continuare a prendere antibiotici, o insistere con un’igiene intima aggressiva, non serve a niente, e può anzi peggiorare la situazione, perché gli antibiotici alterano ulteriormente la flora intestinale, aggravando il quadro di squilibrio.

I fattori predisponenti: ipertono del pavimento pelvico, carenza estrogenica vaginale, diabete

In secondo luogo, bisogna valutare il tono del muscolo elevatore dell’ano: se è contratto, facilita il danno meccanico dell’uretra durante il rapporto sessuale, oltre a favorire microabrasioni dell’entrata vaginale (queste possono a loro volta causare dolore ai rapporti, un disturbo presente in circa la metà dei casi di cistiti ricorrenti, e infiammazione locale, sino alla temibile vestibolite vulvare).
Il livello di estrogeni condiziona sia l’ecosistema vaginale, sia la capacità dell’uretra di difendersi dai traumi meccanici ed evitare la risalita di germi dai genitali esterni. La misurazione del pH è un modo semplice e accurato per accertare il livello di estrogeni in vagina: in caso di carenza – come tipicamente avviene nei blocchi mestruali da dieta o da stress (amenorrea), in puerperio e in menopausa – può essere ripristinato con estrogeni locali.
Infine, bisogna fare attenzione al diabete, che triplica il rischio di cistiti: per accertarne la presenza, basta fare un prelievo di sangue, e valutare la glicemia e l’emoglobina glicata, un “marcatore” della malattia.

I fattori precipitanti e di mantenimento

Tra i fattori precipitanti ci sono il rapporto sessuale (il 60% delle cistiti compare 24-72 ore dopo il rapporto), i colpi di freddo e lo stress acuto. Sono invece fattori di mantenimento l’omissione diagnostica e una terapia inadeguata.

Lei prima ha parlato di biofilm patogeni: che cosa sono?

Sono comunità di batteri protetti da una rete di proteine e zuccheri prodotta da essi stessi, e che si radicano nei tessuti già dopo una prima infezione. Questa rete li rende quasi inattaccabili dagli antibiotici e dal nostro stesso sistema immunitario: restano lì, in stato sospeso, pronti a rivirulentarsi non appena le difese immunitarie si abbassino e/o si accentuino i fattori predisponenti o precipitanti.
In vagina questi biofilm sono soprattutto extracellulari, e sono la principale causa delle vaginiti. In vescica, invece, sono intracellulari: quando si moltiplicano al punto da rompere le cellule che li ospitano, infettano l’urina e provocano la cistite.

Se la cistite è un fenomeno così complesso, come ci si può curare efficacemente?

Alla luce di quanto detto, i pilastri della terapia multimodale sono:
- la regolarizzazione dell’intestino, con eliminazione degli alimenti cui si sia eventualmente intolleranti e limitazione degli zuccheri semplici;
- il rilassamento del pavimento pelvico contratto, con fisioterapia e/o biofeedback di rilassamento;
- l’ottimizzazione del livello di estrogeni in vagina;
- gli estratti di mirtillo rosso e soprattutto i lattobacilli, che migliorano l’ecosistema intestinale e proteggono la parete interna della vescica (urotelio) dai biofilm patogeni sviluppati dall’Escherichia coli;
- il destro mannosio, uno zucchero inerte che intercetta l’Escherichia coli e ne riduce la capacità aggressiva nei confronti dell’urotelio;
- l’evitamento della penetrazione finché non si siano normalizzati questi diversi aspetti;
- la massima attenzione ai colpi di freddo.
Nel caso in cui le microabrasioni del vestibolo vaginale avessero già provocato una vestibolite vulvare (problema però a cui lei non accenna), a questa terapia andrebbero associati:
- farmaci antinfiammatori, per bloccare l’iperattivazione dei mastociti, cellule del sistema immunitario che scatenano l’infiammazione;
- farmaci antimicotici contro un’eventuale infezione da candida, a cui la vestibolite è spesso associata;
- una dieta priva anche di prodotti lievitati (come il pane, la pasta o la pizza).

Può dirci qualcosa di più sul destro mannosio?

E’ un monosaccaride a basso peso molecolare che solitamente si estrae dalla corteccia del larice o della betulla. Una volta ingerito viene scarsamente assorbito dalle cellule del nostro organismo, e in gran parte eliminato, attraverso le feci e l’urina.
Il meccanismo d’azione alla base della sua attività anti-infettiva è costituito dall’inibizione competitiva dell’adesione batterica, in particolare dell’Escherichia coli, alle cellule uroteliali. Questo microrganismo, infatti, è caratterizzato da appendici filamentose, chiamate fimbrie, alla cui estremità sono presenti delle adesine con elevata affinità per i residui glucidici delle glicoproteine di superficie delle cellule: queste strutture conferiscono ai batteri la capacità di aderire alle cellule epiteliali, un po’ come un velcro, e di colonizzare i tessuti.
Il destro mannosio impedisce l’impianto dell’Escherichia coli sui recettori delle cellule vescicali e dell’epitelio vaginale, ne facilita il distacco e la conseguente eliminazione con il flusso urinario, e contribuisce alla ristrutturazione delle mucose danneggiate, garantendo una maggiore protezione da successivi attacchi batterici.

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ATTENZIONE: Ogni terapia va individualizzata e monitorata in ciascuna paziente dal medico specialista esperto nel campo. Queste schede informative non possono in alcun modo sostituirsi al rapporto medico-paziente, né essere utilizzate senza esplicito parere medico.

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